Speciale dozzina Premio Strega 2025
Lo scorso 28 febbraio, sono stati resi noti gli 81 libri propostidagli Amici della domenica, come vengono chiamati i giurati del Premio Strega, per l’edizione 2025.
Ora è tempo di conoscere i 12 libri che compongono l’attesa “dozzina“ , lo step immediatamente precedente alla finale.
Molti dei nomi di cui si vociferava nei mesi scorsi, saranno effettivamente protagonisti quest’anno al premio romano ma non mancano le sorprese (e le esclusioni clamorose), esattamente come accade al festival di Sanremo (lo so che lo avete pensato).
Melania G. Mazzucco – Presidente del Comitato direttivo composto da Pietro Abate, Giuseppe D’Avino, Valeria Della Valle, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Dacia Maraini, Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi e Giovanni Solimine – ha annunciato quindi i 12 titoli ammessi a concorrere:
Valerio Aiolli, Portofino blues (Voland), proposto da Laura Bosio.
Saba Anglana, La signora Meraviglia (Sellerio Editore), proposto da Igiaba Scego.
Andrea Bajani, L’anniversario (Feltrinelli), proposto da Emanuele Trevi.
Elvio Carrieri, Poveri a noi (Ventanas), proposto da Valerio Berruti.
Deborah Gambetta, Incompletezza. Una storia di Kurt Gödel (Ponte alle Grazie), proposto da Claudia Durastanti.
Wanda Marasco, Di spalle a questo mondo (Neri Pozza), proposto da Giulia Ciarapica.
Renato Martinoni, Ricordi di suoni e di luci. Storia di un poeta e della sua follia (Manni), proposto da Pietro Gibellini.
Paolo Nori, Chiudo la porta e urlo (Mondadori), proposto da Giuseppe Antonelli.
Elisabetta Rasy, Perduto è questo mare (Rizzoli), proposto da Giorgio Ficara.
Michele Ruol, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), proposto da Walter Veltroni.
Nadia Terranova, Quello che so di te (Guanda), proposto da Salvatore Silvano Nigro.
Giorgio van Straten, La ribelle. Vita straordinaria di Nada Parri (Laterza), proposto da Edoardo Nesi.
Tra chi resta fuori, autrici e autori come Gino Castaldo (HarperCollins Italia), Pier Paolo Di Mino (Laurana), Angelo Ferracuti (Mondadori), l’ex ministro della Cultura Dario Franceschini (La Nave di Teseo), Michele Masneri con il suo Paradiso (Adelphi) stra acclamato dai giornalisti, Raffaele Nigro (La nave di Teseo), Ciriaco Offeddu (Giunti) e soprattutto Nicoletta Verna (Einaudi Stile Libero) che è il nome che sta facendo più discutere.
Con “I giorni di vetro”, unica candidata einaudiana, Verna con la sua esclusione sta facendo discutere perché molto amata (e anche molto venduta, oltre 50mila copie, ma sappiamo che questo non è mai un criterio, non allo Strega).
Il direttore editoriale di Einaudi Stile Libero, Paolo Repetti, così commenta: «L’esclusione di Nicoletta Verna dalla dozzina del Premio Strega sorprende e dispiace. È una scelta difficile da comprendere per chi riconosce in lei una delle voci più solide e originali della narrativa italiana contemporanea. Chi ha preso questa decisione – legittimamente, secondo le regole del Premio – ha adottato un criterio che non condivido, ma che rispetto. Per fortuna, la letteratura ha un tempo e un pubblico che vanno oltre qualsiasi giuria».
Vi riporto la quarta di copertina dell’opera di Verna in modo che possiate decidere se renderle giustizia o meno (io probabilmente lo farò):
Redenta è nata a Castrocaro il giorno del delitto Matteotti. In paese si mormora che abbia la scarogna e che non arriverà nemmeno alla festa di San Rocco. Invece per la festa lei è ancora viva, mentre Matteotti viene ritrovato morto. È così che comincia davvero il fascismo, e anche la vicenda di Redenta, della sua famiglia, della sua gente. Un mondo di radicale violenza – il Ventennio, la guerra, la prevaricazione maschile – eppure di inesauribile fiducia nell’umano. Sebbene Bruno, l’adorato amico d’infanzia che le aveva promesso di sposarla, incurante della sua «gamba matta» dovuta alla polio, scompaia senza motivo, lei non smette di aspettarlo. E quando il gerarca Vetro la sceglie come sposa, il sadismo che le infligge non riesce a spegnere in lei l’istinto di salvezza: degli altri, prima che di sé. La vita di Redenta incrocia quella di Iris, partigiana nella banda del leggendario comandante Diaz. Quale segreto nasconde Iris?
Tornando ai i dodici invece, i miei favoriti sono due.
Sicuramente spicca il nome di Michele Ruol , di cui vi ho già scritto nel numero di Billy dedicato all’elaborazione del lutto con il suo “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” e che gioca come indipendente in quanto edito da Terrarossa.
Maggiore e Minore sono morti in un incidente stradale lasciando Madre e Padre circondati da oggetti che ricordano una vita ormai passata: dalla cornice in argento che conserva la foto dei figli usata per la lapide ai due corbezzoli, primi alberi a rinascere dopo un incendio, piantati dai genitori.
L’accendino Bic giallo nella piccola serra in terrazza dove Madre si nasconde per fumare, il coltellino svizzero usato da Padre per colpire il pioppo contro cui si è schiantata l’automobile dei figli, i due spazzolini appoggiati nello stesso bicchiere del bagno, la massima intimità rimasta ai due genitori allontanati dal dolore. L’orologio Swatch Chrono che Maggiore non toglieva mai dal polso, per sempre fermo all’ora dell’incidente, il casco da sci dell’amico di Minore rimasto in stato vegetativo dopo l’incidente, i faldoni contenenti le carte e la documentazione del processo.
L’incidente che ha portato alla scomparsa di Maggiore e Minore inevitabilmente segna un prima e un dopo nella vita dei loro genitori: ci sono quindi oggetti che raccontano la quotidianità di questa famiglia del tutto ordinaria, come lo sono tante, in cui Padre è dedito al lavoro e spesso poco presente, Madre dopo le gravidanze è stata costretta a mettere da parte la carriera e le proprie ambizioni e si ritrova a fatica a tentare di riappropriarsene mentre Maggiore e Minore vivono la propria adolescenza.
Ma ci sono anche gli oggetti che raccontano l’elaborazione del lutto da parte di Padre e Madre tra i giornalisti fuori di casa per intervistarli, il processo contro i responsabili dell’incidente, la cerchia di conoscenze che cerca di essere di sostegno ma anche la distanza tra i due coniugi che sembra sempre più incolmabile.
L’inventario, che scandaglia ogni stanza della casa abbandonata e dell’automobile di famiglia, lascia quindi parlare gli oggetti, testimoni del dolore e della speranza della vita di chi resta.
L’altro favorito (di cui parlerò in uno dei prossimi numeri) è invece Andrea Bajani con il suo “L’anniversario”.
A condurre la narrazione di questo romanzo , in prima persona, è un figlio che ha reciso i legami con i genitori e che ripercorre, attraverso frammenti e impressioni, l’esistenza della madre: una figura che il silenzio ha reso marginale, quasi invisibile e impalpabile, ma che ritrova comunque una sua dignità grazie alla scrittura del figlio.
C’è dunque “una famiglia sventurata” al centro del romanzo di Andrea Bajani.
Il padre è un patriarca totalitario che delega alla moglie solo le funzioni servili, la figlia maggiore si ribella, il figlio subisce soffrendo. Da Roma i quattro si trasferiscono in un piccolo paese del Nord e per la madre, affetta da timidezza patologica, perdere la dimensione dell’invisibilità garantita dalla metropoli è un grave colpo. Bajani ricostruisce passo dopo passo le umiliazioni e l’annullamento di sé subito dalla donna (che per un breve periodo lavora in un supermercato godendo di uno spiraglio di autonomia), le strategie da lei messe in atto per neutralizzare l’ira del marito, la strazio del figlio di fronte a questa atmosfera avvelenata. Finché, ormai adulto, l’io narrante non decide di alzare “un muro inespugnabile” tra sé e i propri genitori.
L’incipit infatti si ancora a un’immagine densa di significati: la madre, nel salutare il figlio, gli chiede con una voce esitante, quasi sommessa, “Tornerai a trovarci?”. Un gesto semplice, che racchiude in sé tutta la complessità di un addio travestito da domanda.
Il libro, che si immagina scritto a dieci anni da quella risoluzione, si propone di gettare luce sul personaggio più in ombra della famiglia, la madre, restituendole attraverso la forma romanzo la sua dignità e la sua complessità.
Il premio – come ricorda la presentazione – sarà assegnato dal voto di 700 aventi diritto, così distribuiti: 400 Amici della domenica, 245 votanti dall’estero selezionati da 35 Istituti italiani di cultura nel mondo, che contribuiscono alla formazione della giuria esprimendo ciascuno 7 giurati tra studiosi, traduttori e appassionati della nostra lingua e letteratura, 25 voti collettivi espressi da scuole, università̀ e circoli di lettura delle Biblioteche di Roma, 30 voti di lettori forti scelti nel mondo delle professioni e dell’imprenditoria.
La proclamazione dei finalisti si terrà mercoledì 4 giugno al Teatro Romano di Benevento, mentre la serata conclusiva si terrà giovedì 3 luglio nel giardino del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giuliae in diretta televisiva su Rai 3.
Nell’attesa di conoscere i finalisti io vi do appuntamento al prossimo numero di Billy!
Buona lettura.